GLI OCCHI DELLA TIGRE
Gli occhi che avevano i miei giocatori prima di entrare in campo erano quelli giusti, quelli della tigre di velaschiana memoria. Li ho visti durante il riscaldamento, li ho fissati mentre loro rientravano in spogliatoio per l'appello e io mi andavo ad accomodare in tribuna, vista la squalifica comminatami dal giudice sportivo dopo le proteste della domenica precedente. Erano occhi fissi sull'obiettivo, sbarrati, che mettevano paura.
D'altronde si veniva da due gare paradossali. Dominio tecnico e minimo sindacale raccolto. Anzi meno del minimo. Ne avevamo parlato. Serviva ancora di più...
Il meteo si era però messo di traverso. Pioggia abbondante venerdì, tregua sabato e acqua incessante a partire da domenica mattina. Il campo del Bra somigliava a una risaia, per restare in tema, visto che ne abbiamo attraversate tante con il pullman mentre arrivavamo in terra cuneese.
E allora che fare? Sabato abbiamo messo a punto un piano B, una squadra da battaglia da schierare solo in caso di condizioni estreme e quasi impossibili. Volevo avessimo le idee chiare e fossimo pronti a ogni evenienza. Mentre siamo a tavola le notizie che arrivano da chi è andato a perlustrare in anteprima il terreno non sono buone. "E' una palude", mi dicono. Tentenno. Perché? Semplice: non vorrei mai adottare il piano B, non subito, non in partenza. Il mio ds saggiamente mi dice: "aspetta di vedere il campo di persona". Giusto. Dieci minuti di pullman che separano il ristorante dallo stadio che sembrano ore. Arriviamo. In effetti è piovuto molto, ci sono pozzanghere, tratti allagati. Camminando però verso l'altra metà campo noto che è migliore, che almeno sembra la palla possa correre. Piano A! Lo spiego alla squadra. Fosse anche solo per venti minuti non rinunciamo a essere noi stessi, andiamo a cercarci ogni centimetro di campo buono e sfruttiamolo! Poi, se serve, si cambia pelle anche durante. Capiscono che è la soluzione migliore, ma con quegli occhi qualunque piano sarebbe buono. Se solo il sorteggio ci premiasse e ci facesse scegliere di attaccare proprio su quella metà campo...
Mi appoggio alla ringhiera, senza ombrello. Fanculo, voglio godermela come fossi in campo. I capitani osservano roteare la monetina. Non so chi ha vinto, so solo che ci dirigiamo dalla parte giusta. Molto bene, per me è un segnale. Pronti via. Trentadue minuti per segnare quattro gol. Tanto è servito e bastato. Il quinto è arrivato nella ripresa, la prova di carattere e di forza che avevo chiesto e che tutti speravamo ce l'ha fornita Bra. Più forti della pioggia, della sfiga, delle decisioni arbitrali avverse. Più forti di tutto. Un segnale, un messaggio, a noi stessi, al campionato, agli inseguitori.
La squadra è in costante crescita, evoluzione, maturazione. Nelle ultime due gare si era visto calcio vero. A Bra si è aggiunta la convinzione totale e la cattiveria. Ora dobbiamo unirle, per portarle in campo nelle ultime sette gare.
Ogni centimetro di campo. Ogni secondo, di ogni partita.
Sfruttiamo tutto, giochiamoci tutto.
Godiamoci tutto.